La Biennale di Venezia non si è ancora aperta, ma la polemica sul Padiglione Italia, di recentissima istituzione, rischia di incendiare la nostra estate e tutta la Biennale.
Purtroppo le dichiarazioni forse troppo affrettate di Luca Beatrice, che appena nominato ha apertamente dichiarato che il Padiglione Italia è figlio di questo governo e della cultura di destra, ha ovviamente acceso le micce dell'opposizione ma non solo. L'amico Luca ha anche sottolineato che con queste scelte e le prospett ive di durata del governo Berlusconi, l'egemonia culturale della sinistra è tramontata.
Sinceramente non capisco perché Luca abbia voluto politicizzare e ideologizzare una scelta che politica invece non è, in quanto entrambi i curatori (Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli) hanno portato a Venezia (quasi tutti) gli artisti che sono stati loro compagni di strada negli ultimi anni e che hanno accompagnato il percorso critico e curatoriale dei due (per molti versi) ottimi critici.
Gli artisti del Padiglione Italia carne da macello?
Però Luca ha voluto ideologizzare le sue scelte, definendo appunto il Padiglione Italia espressione del nuovo corso politico e ora, naturalmente, lui e gli artisti scelti sono accerchiati e presto diventeranno carne da macello.
Sul Padiglione Italia e sugli artisti prescelti non desidero esprimere (almeno per il momento e sino a che non avrò visto la Biennale ) alcun giudizio: alcuni di loro sono ottimi artisti e miei grandi amici. Ho la massima stima di Luca Beatrice che ritengo più intelligente, complesso e curioso delle sue scelte di campo e artistiche. Le quali sono state spesso dettate da ragioni strategiche e di sopravvivenza, ma soprattutto di identità, per smarcarsi dal duo Bonami-Gioni (il Gotha critico e curatoriale di oggi) ed acquisire autonomia. Infatti, grazie alle sue scelte nazionalpopolari, territorio lasciato libero dalla "critica colta", Luca ha ottenuto visibilità, successo e opulenza come nessun altro critico oggi in Italia. Direi che appunto, grazie a queste scelte, Luca è diventato in poco tempo anche più popolare degli stessi Massimiliano Gioni e Francesco Bonami. Anzi, ne è diventato la loro contrapposizione.
La sindrome di Fort Apache
Ma ora, lo stesso Luca Beatrice e alcuni artisti più sensibili e coscienti, incominciano a sentirsi accerchiati dalla critica "progressista" e dalla stampa antiberlusconiana che Luca ha provocato e ora manifestano la sindrome di Fort Apache.
Ma calma e sangue freddo, ragazzi. Cosa vi aspettavate? Siete alla Biennale di Venezia, ne avrete certamente qualche beneficio, almeno di visibilità e soprattutto economico. E fate pure le vittime sacrificali? Lo sapete bene che molti fra voi non sono cavalli di razza, dunque assaporate questi warholiani 15 minuti (quattro mesi) di gloria, cercate d i trarne il maggior profitto possibile (in tutti i sensi) e ringraziate Beatrice & Beatrice e, giacché ci siamo, anche Sandro Bondi. Ma soprattutto nervi saldi, perché l'accerchiamento finirà in massacro.